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Viaggio al centro del mondo...del vino

27 gennaio 2015

Bordeaux è nell’immaginario di tutti il punto di riferimento dell’enologia mondiale: basti ad esempio pensare al colore bordeaux… bordolese si chiama la tipologia di bottiglia più comune, bordolesi si chiamano vitigni quali Cabernet e Merlot e “taglio bordolese” il loro assemblaggio, bordolese la “poltiglia” più utilizzata per i trattamenti di copertura nella difesa della vite, e così via…
Il motivo di tanta fama sta nella millenaria storia di questa zona, fatta di una miriade di piccoli “chateaux” (anche se spesso si tratta di ville più che di castelli) che da secoli producono vini di alta qualità. Il segreto, tutti dicono, sta nel “terroir”, anche se non aspettatevi di trovarlo nel fascino paesaggio viticolo: per quanto curatissimi e con densità elevate i vigneti sono quasi completamente pianeggianti, tutto il contrario dell’idea, molto italiana, che la qualità sta nella pendenza e nella scarsità di eccessiva dotazione idrica. Il “terroir” lo si trova più che altro nella pietra bianca, di costituzione calcarea, con la quale nei secoli sono state costruiti villaggi, chateaux, e che abbondante si trova nei terreni, forse la caratteristica più determinante per la quale i vini di Bordeaux sono percepiti di un’elevatissima qualità da sempre, e non solo per il know-how umano, oggi più che mai di assoluta avanguardia tra università, centri di studio o ricerca che rendono il vino la principale risorsa ed attrattiva della Gironde.
Vasta l’area produttiva, che si estende dall’Oceano, ai territori a nord e sud della Gironde e dei suoi affluenti Garonne e Dordogne. Vasta e minuziosamente suddivisa in “cru”: le appelatiòn meno prestigiose, paradossalmente, sono proprio “Bordeaux” e “Bordeaux Superieur”, mentre passando dalle altisonanti aree più prossime al mare come Graves, Medoc, Haute-Medoc, si arriva al rispetto che incutono i mostri sacri delle più piccole appelazioni grand crus: Margaux, più a nord, e ad est della città, Pommerol, Saint-Emilion, Saint-Etienne. In queste, soprattutto, quello che ci si aspetta dal centro del mondo del vino: villaggi in cui le enoteche (le “caves”) sono l’unica ricettività assieme a qualche sparuto ristorante, chateaux con vigneti curatissimi (anche se le cantine, o le barricaie, restano più tradizionali e meno scenografiche di quanto non accada al di qua delle Alpi), e soprattutto, sempre meno proprietari da generazioni, sempre più investimenti stranieri, cinesi, russi, americani. Altissima la presenza di tecnici del vino, francesi ma anche italiani, spagnoli, portoghesi e tedeschi, molti dei quali giovani, a testimoniare come sia forte l’interesse di lavorare dove nascono, appunto, bottiglie di un prestigio assoluto in un contesto di grandissima attitudine alla cura di vigne, e vini.
Ogni appelation si distingue inoltre per l’inclinazione ad utilizzare maggiormente un vitigno rispetto ad un altro: preponderanza di Merlot nelle zone più interne, e di Cabernet Sauvignon in quelle più rivolte al mare, con il Cabernet Franc a completare il quadro. Sparutissima la presenza del Malbec, anch’esso considerato autoctono. Interessante inoltre come la classificazione grand cru delle appelation preveda inoltre la menzione “classé” (di tipo B o A, a Saint-Emilion) per gli chateaux più storici e blasonati, con revisione dei classement solitamente ogni dieci anni e, chiaramente, polemiche sulle modifiche che si effettuano che riverberano negli anni. Gli chateaux classè infatti possono permettersi di uscire a prezzi (quasi sempre superiori ai 100 euro, fino ad arrivare a qualche migliaio) decisamente superiori ai non classè. Penso a come potrebbe funzionare nella nostra cara penisola un sistema simile, ed un brivido mi corre lungo la schiena. ..
Di sicuro alcune prerogative sono da lasciare qui al centro del mondo, altrettanto di sicuro oggi, come in passato, Bordeaux rappresenta una “capitale enologica” dove è possibile cercare di imparare l’arte, e metterla da parte (se possibile assieme a qualche millésime in cantina!).

Guido Beltrami
Enologo