Renato Corino: i grandi "cru" di casa nostra
20 febbraio 2017

Quando si parla di denominazioni d'origine e delle loro caratteristiche, si cerca sempre di trovare una sovrapposizione tra le stesse ed il “terroir”, ossia quel sintetizzare con un'unità geografica l'insieme del vitigno, e delle caratteristiche del terreno e climatiche che lo contraddistinguono. Questo particolare appezzamento vitato prende il nome di “cru”.
In particolare l'enofilo italiano girerà la testa verso oltralpe e, sospirando, decanterà le lodi delle “appellations” francesi, così precise e specifiche nel determinare ed esaltare le caratteristiche di uno specifico appezzamento (fenomeno noto anche come l'invidia del cru”). C'è però un posto in Italia, ricco di affinità con i cugini francesi, dove la valorizzazione in termini geografici è da decenni, se non secoli, una realtà consolidata. Per questo il nome di una piccola frazione di un piccolo comune delle Langhe come La Morra, risulta celebre a molti: si tratta dell'Annunziata. Provenendo da Alba e girando per La Morra anziché proseguire verso Barolo, si arriva all'abitato di Annunziata, si arriva a Pozzo e si prende una ripida strada in discesa, dove all'orizzonte si ha proprio in faccia il celebre cedro libanese del Monfalletto. I cartelli recitano: Elio Altare, Mauro Veglio ed il “nostro” Reanto Corino. La casa e la cantina di Renato Corino si trovano a metà di questa discesa, circondata da vigneti piantati a traverso, con esposizione est sud-est. Questa collina è stata uno dei centri dove il barolo è stato “modernizzato”, nel periodo in cui l'utilizzo di carati (barrique) in molte aziende ha sostituito le botti grandi. La storia della famiglia Corino è però un po' diversa. Renato Corino ha intrapreso la propria strada “dividendosi” dal fratello Giuliano che ha invece continuato la realtà che porta il nome del padre, Giovanni Corino. In questo contesto viticolo unico le scelte dei due fratelli sono state però piuttosto simili: in primis la scelta di proseguire con una produzione di uve e di vini sulla base dei vitigni classici: dunque Dolcetto e Barbera, oltre al Nebbiolo. La seconda è sicuramente quella di perseguire uno stile di vinificazione tradizionale, pur utilizzando strumenti tecnologici che portano, a nostro modesto avviso, quella di Renato ad essere una delle aziende che meglio esprime il territorio dentro al bicchiere. Dolcetto e Barbera sono vinificati solo in acciaio, malolattica inclusa, con un affinamento di 6-10 mesi e imbottigliamento effettuato in azienda senza filtrazioni. Dal punto di vista organolettico, spiccano nel Dolcetto le note di frutti di bosco e quelle vinose e di frutta matura nella Barbera. A Nebbiolo e Barolo sono invece riservati affinamenti in legno di diversa durata ma soprattutto con un sapiente utilizzo dei legni d'origine francese che esaltano le caratteristiche del vino, ma non ne coprono le prerogative; questo sia a livello di composizione organolettica, che dal punto di vista gustativo, dove i tannini restano freschi ed incisivi per molti anni di vita in bottiglia.
Guido Beltrami