Feste: tempo di passiti...
15 dicembre 2014

Le festività, si sa, sono momenti di eccezioni e momenti particolari. Dal punto di vista enologico è il periodo di maggior consumo dei vini cosiddetti “speciali”, categoria della quale fanno parte, assieme agli spumanti, i vini passiti.
Il termine “passito” indica tutti i vini le cui uve sono state oggetto di un breve, medio, o lungo appassimento prima di essere schiacciate e fermentate. L’appassimento nel concreto è una disidratazione degli acini d’uva, che perdendo acqua “concentrano” tutte le loro componenti (zuccheri, acidità, sostanze aromatiche ecc.).
Nonostante alcuni passiti di grande blasone siano francesi, forse non tutti sanno che l’Italia vanta una tradizione grandissima ed unica al mondo nella produzione di vini passiti, con numerose varietà d’uva utilizzate e molteplici differenti processi produttivi .Nella tradizione contadina italiana, i vini passiti sono sempre stati vini per le occasioni o gli ospiti speciali, gelosamente custoditi nei caratelli (“caratello” è il diminutivo di “carato”, ossia il poco conosciuto termine italiano per indicare le barrique) in cantine o soffitte, a seconda delle zone di produzione. Le uve per la produzione dei passiti nel nord e centro Italia vengono spesso appassite in fruttai nelle quali vengono controllate ventilazione e di conseguenza umidità affinché l’appassimento possa avvenire, e spesso si raggiunge per la pigiatura e quindi la vinificazione il periodo delle festività natalizie (questa una delle ipotesi sul nome del celebre passito Vin Santo, l’altra che i ricercatori considerano più attendibile è quella dell’antica notorietà dell’isola greca di Santorini nella produzione di passiti). Al sud le uve vengono generalmente appassite per periodi solitamente più brevi, e spesso l’appassimento viene effettuato all’aria aperta. L’affinamento varia poi da zona a zona, con utilizzo solitamente di recipienti in legno di varie dimensioni, e spesso anche legni di specie diverse (principalmente rovere, castagno, acacia).
Vini passiti maggiormente conosciuti sono Zibibbo e Malvasie in Sicilia, senza dimenticare vari Moscati prodotti anche in Calabria, Basilicata e Puglia.
Nel centro Italia troviamo la maggior parte dei vini passiti, sia bianchi, come i Vin Santi del Chianti e delle zone limitrofe, che rossi, come il Sagrantino umbro e l’Aleatico elbano, o lo stesso Vin Santo nella versione “Occhio di Pernice” (prodotta con uve Sangiovese). Procedendo verso nord troviamo lo Sciachetrà in Liguria, ed una grande concentrazione di passiti nel nord-est, come il Torcolato, il Ramandolo, il Picolit. Per finire è d’obbligo sottolineare l’esistenza di Vin Santi non toscani (il Vinsanto piacentino detto di“Vigoleno” ed il “Trentino”).
Anche alcuni dei vini rossi più conosciuti del nord Italia, ossia Lo Sforzato Valtellinese e L’Amarone della Valpolicella, altro non sono che dei passiti “secchi”, ossia la cui fermentazione termina tutti gli zuccheri senza lasciarne di residui, dando origini e vini di grande struttura e concentrazione.